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venerdì 8 luglio 2011

Kyoto, il sapore di agosto • di Francesca Scotti

Douzou, tabete kudasaimi aveva sussurrato la ragazza in kimono dopo aver posto davanti a me una ciotola a forma di mandorla. Smalto blu profilato oro che custodiva due pezzi di gelatina di hamo, un pesce simile all'anguilla.
La freschezza della superficie sembra un antidoto al caldo che avvolge ogni cosa.
Aveva ragione a incitarmi, non riuscivo a decidermi a cominciare il pasto, a mangiare. Parchè ciò che avevo davanti non sembrava fatto per essere rovinato, masticato.
Mi spiega che la gelatina è composta da ogni parte del pesce e che quindi un boccone corrisponde alla sua essenza.
Guardo il viso della ragazza che mi avrebbe accompagnata in quello che non sarebbe stato un semplice pasto, ma un viaggio. 
I suoi occhi, con una timidezza infantile, sorridevano. 
I petali del sashimi sono un'alternanza di pesci argentati, carni iridescenti o dalla polpa scura.
L'abitudine a un cibo occidentale fatto di fusioni, elaborazioni e mescolanze mi fa sentire spaesata davanti alla naturalezza e alla pulizia degli ingredienti. E del loro sapore.
Ogni stagione ha i suoi colori, i suoi frutti e i suoi alimenti. E questo nella cucina giapponese non viene solo rispettato ma esaltato. Quasi a creare uno stretto legame tra l'ambiente esterno e il piatto.
La freschezza. Le poche manipolazioni dell'ingrediente sono un altro elemento essenziale, a meno che non sia una scelta precisa la sua rinuncia.
Sono portate splendide quelle che mi vengono proposte, il cibo incanta. 
Non si tratta solo di nutrimento, ma di vivere un'esperienza composita, nella quale l'aspetto visivo potenzia quello alimentare.
Gusto e apparenza si intrecciano nel piatto per farmi vivere la fragranza dell'estate.
Foto: Francesca Scotti
Elaborazione Fotografia: Sara Piazza

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